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La valenza simbolica del fuoco nella Bibbia


“Il fuoco è bello perché risplende e brilla insieme all’idea” (Plotino, 1, 6, 9). Oggetto di numerose considerazioni ed analisi, presente in molteplici analogie e simboli mitologici, scientifici, filosofici e religiosi, il fuoco occupa un posto preminente per la sua realtà insieme dinamica e misteriosa, silenziosa e terribile, naturale e al tempo stesso ineffabile. Il fuoco presenta delle caratteristiche singolari, amate e odiate, apprezzate e invise: illumina e riscalda, vivifica e distrugge, rende visibili le forme e non ha forma in sé, è sulla terra ma si protende verso il cielo, dà speranza e incute timore, è sublime ma tremendo, può essere visto e usato, mai circoscritto e definito. Esso è raffigurato all’inizio (arché) dell’universo, ma visto anche come al fine di esso (ecpirosi).
Senza dubbio il fuoco e la sua utilizzazione costituì una delle prime grandi scoperte dell’umanità, all’alba della civiltà. La produzione del fuoco da parte dell’uomo primitivo segna dunque una tappa importante nell’evoluzione dell’umanità e del suo pensiero. Agli albori del pensiero filosofico greco il fuoco è ritenuto uno dei quattro elementi che stanno alla base dell’universo.
La presenza della categoria del fuoco nella tradizione biblica dell’AT e del NT è centrale e merita una elaborazione approfondita per poterne scoprire la valenza simbolica e pastorale. Infatti esso assurge ad una funzione di mediazione simbolica sia nei contesti di rivelazione divina che nella prassi cultuale e liturgica (illuminazione, consumazione dei sacrifici, ecc.), costituendo un simbolo comunicativo che collega la domanda dell’uomo al misterioso manifestarsi di Dio. (...). (tratto da: Giuseppe De Virgilio, www.notedipastoralegiovanile.it)