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È il Signore!
(Giovanni 21,7)

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Vangelodi Marco 3

L’uomo dalla mano atrofizzata

1 Ed entrò di nuovo nell’adunanza. Era là un uomo che aveva la mano inaridita;

2 e lo osservavano se di sabato l’avrebbe guarito, per incolparlo.

3 Dice all’uomo, a quello che aveva la mano arida: «Alzati nel mezzo».

4 E dice loro: «È lecito di sabato fare il bene o fare il male? Salvare un’anima o uccidere?». Ora quelli tacevano.

5 E avendoli con sdegno guardati intorno, affliggendosi per l’indurimento del loro cuore, dice all’uomo: «Stendi la mano!». (La) stese, e la sua mano ritornò allo stato di prima.

6 Ed essendo usciti, subito i Farisei con gli Erodiani davano consenso contro di lui per farlo perire.

Gesù va verso il mare

7 E Gesù con i suoi discepoli si ritirò verso il mare; e una gran folla lo seguì dalla Galilea; e dalla Giudea,

8 e da Gerusalemme e dalla Idumea e da oltre il Giordano e dai dintorni di Tiro e di Sidone, una gran folla, udendo quante cose faceva, venne a lui.

Gesù libera e guarisce

9 E disse ai suoi discepoli di aver pronta una barchetta per lui, a causa della folla, affinché non lo stringesse;

10 infatti guarì molti, tanto da cadergli addosso quanti avevano flagelli per toccarlo.

11 E gli spiriti, quelli impuri, quando lo scorgevano gli cadevano davanti e gridavano, dicendo: «Tu sei il Figlio di Dio».

12 E li rimproverava forte, affinché non lo rendessero manifesto.

I dodici

13 E sale sul monte, e chiama quelli che egli stesso desiderava, e andarono da lui.

14 E costituì dodici, e li nominò Inviati, affinché siano con lui e affinché li invii a predicare,

15 e (così) avere potere di scacciare i sovrumani.

16 E costituì i dodici, e a Simone pose nome Pietro,

17 e Giacomo, quello di Zebedeo, e Giovanni, il fratello di Giacomo, e pose loro nome Boanèrghes, cioè “Figli del Tuono”;

18 e Andrea, e Filippo, e Bartolomeo, e Matteo, e Toma, e Giacomo, quello di Alfeo, e Taddeo, e Simone il Cananeo,

19 e Giuda Iscariota, il quale poi lo consegnò.

I travagli di Gesù

20 E viene in casa; e insieme viene di nuovo la folla, tanto da non potere essi neppure mangiare un pane.

21 E avendo udito, quelli (che erano) dei suoi uscirono per prenderlo; dicevano infatti: «Uscì fuori di sé!».

Gesù e Belzebùl

22 E i grammatici, quelli che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Ha Belzebùl»; e: «Scaccia i sovrumani con il capo dei sovrumani».

23 (Egli), avendoli chiamati a sé, diceva loro in similitudini: «Come può l’Avversario scacciare l’Avversario?

24 E se un regno si divide contro sé stesso, quel regno non può resistere;

25 e se una casa si divide contro sé stessa, quella casa non potrà resistere.

26 E se l’Avversario si è alzato contro sé stesso e si è diviso, non può resistere, ma ha una fine (vicina).

27 Ma nessuno può, essendo entrato nella casa del forte, saccheggiare il suo equipaggiamento, se prima non leghi il forte, e allora saccheggerà la sua casa.

L’errore più grave

28 Amèn vi dico che ogni cosa sarà prosciolta ai figli degli uomini, gli errori1 e quante empie parole avranno empiamente proferito;

29 ma colui il quale avrà proferito un’empia parola contro lo Spirito Santo non ha proscioglimento nell’evo2, ma è colpevole di errore evocale.

30 (Questo) perché dicevano: «Ha uno spirito impuro».

I familiari di Gesù

31 E viene sua madre e i suoi fratelli e, stando fermi fuori, gli inviarono (alcuni), per chiamarlo.

32 E la folla stava seduta attorno a lui, e gli dicono: «Vedi, tua madre e i tuoi fratelli [e le tue sorelle] (sono) fuori, ti cercano.

33 E, rispondendo, dice loro: «Chi è mia madre e i miei fratelli?».

34 Avendo guardato intorno quelli che stanno seduti in cerchio intorno a lui, dice: «Vedi, mia madre e i miei fratelli!

35 Colui, infatti, che fa il desiderio di Dio, questi è mio fratello, e sorella, e madre.

Note

1 Si è preferito il termine errore al tradizionale “peccato” (gr. amartás), per dare l’idea non di uno sbaglio, ma di un fallimento della vita dovuto a un errare senza meta.

2 Il greco ha il termine aiōn, generalmente tradotto con eternità. Più esattamente il termine non indica assenza di tempo, me piuttosto un tempo estremamente lungo, forse della durata di un’intera creazione.

Capitolo 4