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È il Signore!
(Giovanni 21,7)

5. Introduzione alla Lectio divina: Unità dei due Testamenti 
(sintesi liberamente tratta da
: Innocenzo Gargano, Introduccion a la "Lectio Divina", ediciones paulinas,
Scribd, traduzione a nostra cura)

Un altro presupposto è l’unità dei due Testamenti. Lo stesso Spirito li ha ispirati. Questo è molto importante, perché quando si fa riferimento all'Antico Testamento si fa riferimento al Dio Creatore che si è posto in un atteggiamento di contemplazione di fronte a tutte le creature affermando che tutto era buono, e l'uomo era “veramente buono”; ciò significa che, riferendosi al Dio redentore del Nuovo Testamento, non possiamo intendere questa redenzione come radicalmente diversa rispetto alla creazione. Gli scolastici dicevano che la grazia suppone la natura: se non c’è un recipiente, non si può contenere nulla, se non si accetta la creaturalità nella sua manifestazione visibile,  non si può parlare di  soprannaturalità nella sua manifestazione invisibile.  
E’ lo stesso criterio dell’incarnazione del Verbo di Dio: per riconoscere il Figlio di Dio nella fede dobbiamo partire dal riconoscimento del figlio di Maria: Gesù di Nazaret, il messia e anche il Signore.
Dobbiamo fare un cammino progressivo. E’ ovvio che nella nostra esperienza spirituale le due cose non si collocano in una successione di tempo:  noi vediamo il tutto nel medesimo tempo, però dobbiamo prender coscienza di una successione almeno razionale, ideale. Se eliminiamo l’uomo, se eliminiamo la creazione, non avremo nemmeno il cristiano, e tantomeno la nuova creazione, quella creazione trasfigurata, trasformata grazie alla redenzione di Gesù. 
Il pensiero cristiano esclude qualsiasi forma di manicheismo, cioè qualsiasi contrapposizione tra ciò che è visibile e tangibile – cosa che noi identifichiamo con la carne – e ciò che è invisibile, impalpabile – cosa che noi identifichiamo con lo spirito. 
L’unità dei due Testamenti significa quindi che è lo stesso Spirito Santo che si rivela attraverso gli avvenimenti,  le persone e le parole.  Il filo conduttore che unisce l’Antico al Nuovo Testamento è precisamente questa Unità dello Spirito ispiratore delle Sacre Scritture. 
Questo comporta naturalmente una visione positiva del mondo e della storia, ossia tutto ciò  che appartiene alla storia degli uomini contiene un messaggio che viene dal Signore. È ovvio che si tratta di un messaggio che percepiremo tanto meglio quanto più ci lasceremo illuminare da quella luce che per noi è la presenza del figlio di Dio  nell’uomo Gesù di Nazaret. 
Illuminando l’Antico e il Nuovo Testamento alla luce del mistero della morte e resurrezione di Gesù – dicono i padri – noi evidenziamo le ombre e le distinguiamo dalla verità; possiamo discernere tra la lettera che potrebbe uccidere se ci fermassimo ad essa, e lo Spirito che vivifica e ci apre continuamente al nuovo. Di conseguenza, l’incontro con il mistero centrale della morte e risurrezione di Gesù, diventa il criterio di discernimento. In questo modo si deve passare dalla lettera allo spirito, leggendo sia l’Antico che il Nuovo Testamento. 
La luce del mistero della Pasqua di Gesù deve farci superare tutti gli ostacoli, le parzialità, le deficienze, le connotazioni legate al contesto culturale dei due Testamenti. Ad esempio, è abbastanza facile nell’Antico Testamento incontrare situazioni apparentemente incomprensibili e inaccettabili per la visione cristiana (violenze, maledizioni, ecc.). Le stesse situazioni le incontriamo a volte in alcuni passaggi del Nuovo Testamento (polemiche antigiudaiche, il cap. 23 di Matteo; alcune espressioni degli Atti degli Apostoli; la violenza presente nell’Apocalisse).
Il passaggio dalla lettera allo Spirito è senza dubbio necessario tanto nel Nuovo come nell’Antico Testamento: il criterio di discernimento è la morte e resurrezione di Gesù di Nazaret. 
Pertanto, ogni affermazione contenuta nella lettera della Bibbia che pone questo mistero tra parentesi o esclude una pienezza di manifestazione delle conseguenze della morte e della risurrezione di Cristo, non potrebbe mai essere il contenuto profondo di quella espressione, voluto
dal Signore come cibo per la nostra comunità, per la Chiesa e per ciascuno di noi. T
ener presente questo ci aiuterà molto quando troveremo testi, situazioni o personaggi che potrebbero lasciarci un po’perplessi.

6. Introduzione alla Lectio divina: Il criterio della comunione

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un ottimista vede l'opportunità in ogni difficoltà.
(Winston Churchill)