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(Giovanni 21,7)

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La preghiera contemplativa
(Carlo Carretto)

carlo carretto

                                                                                    
Ed eccoci al punto giusto sulla preghiera, alla rivelazione più straordinaria che immaginar si possa, al segreto più profondo del cuore di Dio, alla vera dimensione del nostro "essere cristiani".

 

Gesù, nella notte in cui fu tradito, disse: "Se mi amate osservate i miei comandamenti, ed Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga sempre con voi, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede né lo conosce; ma voi lo conoscete, perché dimorerà in voi" (Gv 14,15ss).
Poi aggiunse: "Chi ha i  miei comandamenti e li osserva mi ama, e chi mi ama sarà amato dal Padre mio ed io l'amerò e mi manifesterò a lui" (Gv 14, 21).

E per terminare: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola; il Padre mio lo amerà e verremo a lui, e faremo dimora presso di lui" (Gv 14, 23).

Ci sono tre offerte da parte di Dio all'uomo: il suo Spirito, la sua Presenza, la sua Manifestazione. E, per queste tre offerte, una sola condizione: "Se uno mi ama".

L'anima dell'uomo che accetta di amare Dio diviene un "paradiso in terra", con la presenza reale della Trinità in sé, con l'attività folgorante dello Spirito e con la volontà suprema da parte di Dio "di manifestarsi, cioè di farsi conoscere all'uomo".
Queste tre realtà, meritate dal sangue di Cristo, e realizzate in noi dopo la Pentecoste, investono la nostra anima di una tale grandezza, da superare qualsiasi possibile sogno umano.
Naturalmente, e in primo luogo, investono la nostra preghiera come il naturale rapporto tra la creatura e il Creatore, e danno ad essa qualcosa d'infinito; meglio, di divino.

Parliamo innanzi tutto di questa "presenza": Verremo a lui e faremo dimora presso di lui.

È La Trinità che diventa Ospite dell'anima; è la Terra che diventa Cielo. Perché cercare ancora Iddio al di là delle stelle, quando Lui è così vicino, anzi, dentro di noi?  Il Cielo, questo luogo "celato", non è più una lontananza astronomica, fisica di Lui, nell'universo, ma è una vicinanza amante, intima e così a portata di mano, che ogni luogo diventa buono per parlare con Lui, per stare con Lui, per adorare Lui.

E lo Spirito Santo in noi?

Ecco l'artefice forte e preciso della nostra unione con Dio. È Lui che ci incorpora a Cristo Gesù, Lui che ci insegna che cosa dobbiamo dire al Padre, Lui che ci reca uno Spirito "nuovo", dacché il nostro "vecchio" s'è mostrato incapace e cattivo, Lui che con  "gemiti inenarrabili" prega l'Altissimo e dà valore eterno al nostro esile sforzo di bimbi per sollevarci all'altezza di Dio.

Che dire ancora a me stesso: "Chi m'insegnerà a pregare?", quando ho un simile Maestro al centro del mio essere? Che dubitare della potenza della mia preghiera, quando - pur sì povera e balbuziente - è sostenuta nel suo volo dallo stesso Spirito creatore del cosmo?  No; non cercherò più me stesso nella preghiera, non mi ripiegherò sul mio povero io, dacché nella mia fede ho scoperto che lo Spirito di Dio s'è diffuso nel mio cuore.

Ma non basta. La promessa di Gesù parla di una presenza sua, di una attività del suo Spirito, e parla ancora di una "rivelazione". "Io mi rivelerò a voi".

Rivelarsi l'uno all'altro è il compito dell'amore, che non deve mai finire, nemmeno nell'amore umano, perché sempre deve restare qualche cosa ancora di "misterioso" da scoprire e da conoscere nella persona amata. Immaginiamo con Dio dove "tutto" è da scoprire! Ma qui, a proposito di Dio, va detto qualcosa di ben preciso.

Dio è inconoscibile all'uomo. Tutto ciò che sappiamo di Lui, non è Lui: è un'immagine, un simbolo, un richiamo; ma non è Dio. Solo Dio conosce se stesso; e la sua conoscenza rimane per noi "mistero". Ma Dio ha deciso nel suo amore di farsi conoscere dall'uomo, di rivelarsi a lui; e ciò avviene in modo soprannaturale, con un linguaggio intraducibile sulla terra. Colui che è sotto l'azione di questa "rivelazione" non può dire nulla: la vive sperimentalmente, ma non la può ripetere.

Ciò è decisivo a sapersi per chi vuole imparare a pregare. Troppo tempo io ho perduto, perché tardi ho conosciuto questa verità. Eppure era chiara nel Vangelo. Io pensavo che nel pregare tutto dipendesse da me, dal mio sforzo, dalla bontà dei libri che avevo tra le mani, dalla bellezza delle parole che sapevo introdurre nel mio colloquio con Dio.

Più grave ancora: pensavo che la conoscenza di Dio che andavo facendo attraverso lo studio e il ragionamento fosse la vera e l'unica e non mi ero ancora accorto che era solo un'immagine, un involucro, un avviamento alla vera, autentica, soprannaturale, sostanzionsa, eterna rivelazione di Dio.

Dio è l'Inconoscibile, e solo Lui può rivelarsi a me attraverso vie tutte sue, parole mai ripetute, concetti al di là di ogni concetto. Nella vera preghiera, quindi, mi è richiesta più passività che attività; più silenzio che parole, più adorazione che studio, più disponibilità che movimento, più fede che ragione.

Devo capire "a fondo" anche che l'autentica preghiera è frutto di un dono del Cielo alla Terra, del Padre a suo Figlio, dello Sposo alla Sposa, di Colui che ha, a colui che non ha, del Tutto al nulla. E più questo Tutto s'avvicina al nulla, più l'inconoscenza si fa senza confini.

È classico il discorso che voi potete fare all'uomo che scende dalla montagna, dopo aver parlato lungamente con Dio.
"Parlaci di Lui"! E lui ci ripeterà con Angela da Foligno, una delle grandi mistiche italiane:

"Davanti a Dio l'anima è avvolta nelle sue tenebre, e in esse, si fa di Lui una conoscenza più grande di quella ch'io mai avessi immaginato potersi fare; e con tale splendore, tale certezza e con sì profondo abisso, che non c'è cuore che possa poi in alcun modo comprendere né pensare una tal cosa.

"L'anima non può dire assolutamente nulla, perché non c'è parola con cui essa la dica e la esprima. Anzi; non v'è pensiero né intelligenza che possa estendersi a quella cosa, tanto essa sopravanza tutto; come Dio non può essere spiegato per cosa che sia.

"Quando tornai in me, conobbi certissimamente che coloro i quali più sentono Dio meno ne possono parlare. Proprio perché sentono alcunché di quel bene infinito e indicibile, meno ne possono parlare.

"Piaccia al Cielo che quando vai a predicare, tu comprenda. Poiché allora tu non sapresti dire nulla affatto di Dio. E allora qualunque uomo si tacerebbe. Ed io allora verrei vicino a te a dirti: - Fratello, parlami ora un poco di Dio. - E tu non sapresti dire nulla, né pensare nulla di Dio, tanto la bontà infinita ti sorpasserebbe.

"Eppure l'anima non perde conoscenza, né il corpo la perde in alcuno dei suoi sensi. Anzi, la conoscenza è intera in noi.
"Ma tu diresti al popolo con forza: - Andate con la benedizione di Dio, perché io non posso dire nulla!

"Ed io comprendo che tutte le cose che son dette sulle Scritture e da tutti gli uomini dal principio del mondo fino ad oggi, mi sembrano non poter quasi nulle esprimere della midolla, neppure ciò che è un grano di polvere in confronto all'universo."
(Le livre de la bienheureuse Angéle de Foligno, Paris p. 173).

Così per Angela da Foligno; così per tutti. Si sente che la conoscenza di Dio aumenta in noi man mano aumenta per Lui il nostro amore; e di questa conoscenza non sappiamo dir nulla. Sappiamo che è una conoscenza sapida, misteriosa, personale, oscura di Lui; ma non sapremmo aggiungere sillaba.

"Io mi rivelerò a voi".

  Questa "rivelazione" che Dio fa di se stesso all'uomo è l'anima, il frutto, il respiro della preghiera così detta "contemplativa"; ed è un'autentica anticipazione della vita eterna. La definizione l'ha data Gesù stesso: "Questa è la vita eterna: che conoscano Te, Padre, e Colui che hai mandato, il Cristo" (Gv 17, 3).

Signore, il mio cuore non s'è inorgoglito né i miei occhi fatti alteri.
Non ho cercato un cammino di grandezza o prodigi inopportuni.
No, ho tenuto la mia anima in pace e in silenzio come un bambino contro sua madre.
La mia anima è in me come un bimbo slattato.
(Salmo 130).

Questo è il salmo della preghiera contemplativa. L'uomo nel cammino verso la radice del suo essere, verso il suo fine, verso il suo Creatore, dopo aver superato i primi gradi della preghiera, dopo averla purificata nella sofferenza e nell'aridità dal gusto umano e dall'egocentrismo, si trova come sulla soglia dell'infinito; là, dove le sue forze a nulla possono, dove la meditazione stessa diventa impossibile e la parola, una volta così fluente, non sa se non ripetere qualche monosillabo di amore o di lamento. Nessuna immagine riassuntiva di tutto ciò è così esatta come l'immagine del bimbo slattato sul grembo della madre. Ed è ancora Gesù che ci dice: "Se non vi farete piccoli, non entrerete nel Regno dei Cieli" (Mt 18, 3). Ma l'anima ormai si è fatta piccola e ha capito che deve tutto ricevere e che l'unico suo potere è quello di amare.

No; c'è anche l'altro potere: quello di conoscere. Ma... a che cosa gli serve in tali momenti?

Dice l'anonimo autore del libro sulla preghiera La nube dell'inconoscenza: "Ogni creatura intelligente, angelo o uomo, ha in se stesso due facoltà principali: l'una chiamata la facoltà  di conoscere, l'altra chiamata la facoltà di amare. "Di entrambe Dio è il Creatore: ma se Egli resta sempre incomprensibile per la prima, è ivece attingibile alla seconda, secondo il grado differente per ciascuno. "Talché soltanto l'anima che ama può, per virtù del suo amore, attingere Colui che pienamente basta a saziare tutte le anime e tutti gli Angeli della creazione".

Questa è l'infinita meraviglia, questo il miracolo dell'amore: L'esercizio non ne sarà mai interrotto, perché Dio lo rinnovella senza posa. E perché? Perché Egli può essere amato, non pensato: l'amore può coglierlo e tenerlo; il pensiero no..., mai!
Parrebbe strano, a prima vista; ma nulla dà il senso dell'universalità di Dio, della giustizia di Dio, più di questa verità. Se Dio fosse raggiungibile con l'intelligenza, quanto sarebbe ingiusto! Avrebbe facilitato il compito ai saggi, ai grandi di questo mondo; e si sarebbe reso incomprensibile ai piccoli, ai poveri, agli ignoranti. Invece, no: ha trovato Lui stesso la regola per essere uguale con tutti: la rivelazione sua avviene nell'amore, proprio in quella facoltà in cui siamo tutti uguali.

Ama la regina come ama la contadina, ama l'uomo sapiente come ama l'ignorante. "Ti ringrazio, Padre, che hai nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25).

"Rimanete nel mio amore".

Ma che cosa divengono i concetti? Essi non sono soppressi; ciò sarebbe contrario alla natura stessa della nostra intelligenza. Dunque, essi sussistono sempre. Ma tutti i concetti distinti tacciono, dormono come gli apostoli sul monte.

Ecco ciò che si chiama contemplazione infusa o conoscenza mistica. Essa si nutre di silenzio. Essa non ricorre all'uso attuale dei concetti come mezzo proprio di conoscenza. Essa diventa negativa in un senso nuovo e assoluto.

Dice la Hadewijk, la Beghina: "La verità una e nuda abolisce ogni ragione, mi tiene in questa vacuità, mi adatta alla semplice vita dell'Eterno. Qui cessa ogni discorso. Chi non ha mai compreso la Parola di Dio vorrebbe invano spiegare ciò ch'io ho trovato senza mezzo, senza velo, più su d'ogni ragione". S'io qualcosa desidero, lo ignoro, perché son prigioniero stabilmente dell'abissale ignoranza. Chi crede poter dire ciò che sta nel profondo, tradisce l'inesperienza sua.  Ma Dio, quale avventura non intendere più, non più vedere... Se altra volta avevamo "qualche cosa", l'amore adesso ci ha ridotti al nulla. (Poémes spirituels, "Nova et Vetera"1938, n. 4, pp. 362, 367).

Sì; l'amore ci ha ridotti al nulla. Ci ha tolto ogni presunzione di sapere, di essere; ci ha ridotti alla vera infanzia spirituale.

Ho tenuto la mia anima in pace e in silenzio come un bambino contro sua madre.
Ecco lo stato più alto della preghiera: essere bimbi nelle braccia di Dio: tacere, amare, godere.

E se, per questa benedetta voglia di dir qualcosa, di far qualcosa, proprio ti è necessario aprir la bocca, allora fa' così: scegli una parola, una piccola frase che esprima bene il tuo amore per Lui; e poi ripetila, ripetila con pace, senza cercare di formulare pensieri, senza muoverti, ridotto ad un piccolo punto amante dinanzi a Dio Amore. E, trasformata questa parola o questa frase in un dardo d'acciaio, simbolo del tuo amore, batti, batti contro la spessa nube dell'inconoscenza di Dio.

Non distrarti, qualunque cosa avvenga. Caccia via anche i buoni pensieri; non servono a nulla.

Il grado superiore della contemplazione, qual si può ottenere in questa vita, risiede tutto intero in questa oscurità e nube d'inconoscenza e con uno slancio di amore e uno sguardo cieco si portano sull'essere nudo di Dio, in Lui stesso e di Dio solo. Un cieco slancio d'amore che si porta su Dio, considerato in Lui stesso, e che preme segretamente sulla nube dell'inconoscenza è più profittevole alla tua anima, più nobile di qualsiasi altro esercizio. Esso veramente piace a Dio, ai Santi e agli Angeli del Cielo; ed è veramente utile a tutti coloro che tu ami d'un'amicizia spirituale o naturale, vivi o morti.  Le nuage de l'inconnaissance, p. 38 ss).

Questo, fratello, è il mio augurio, sintesi di tutti i doni che il deserto mi ha fatto.

(tratto da Lettere dal deserto, sito Monastero virtuale).